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APPROFONDIMENTI

– Psicopatologia –

Schizofrenia e Sintomi Prodromici

da | Psicopatologia

La schizofrenia è un disturbo mentale grave che colpisce la fascia di età giovane-adulto, si manifesta tipicamente tra i 16 e i 30 anni ed è raro l’esordio dopo i 45 anni. Il disturbo ha generalmente un esordio graduale e insidioso che si palesa attraverso sintomi negativi e depressivi, spesso associati alla compromissione del funzionamento sociale e a deficit cognitivi. Quest’ultimi, sono comuni e sono fortemente collegati a compromissioni funzionali e professionali. Non vi sono sintomi patognomici per la diagnosi di schizofrenia e tutti i sintomi sono riscontrati anche in altri disturbi mentali. Infine, alcuni individui effetti da schizofrenia mostrano deficit nella cognizione sociale, compresi i deficit nella capacità di inferire le intenzioni di altre persone (Teoria della Mente), e possono interpretare eventi o stimoli irrilevanti come significativi, fatto che può condurre ad una strutturazione di idee deliranti esplicative dell’esperienza vissuta.

 

Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V, 2013), per una diagnosi di disturbo dello spettro schizofrenico, devono essere presenti i seguenti sintomi:

  1. Due o più dei seguenti sintomi, ciascuno presente per una parte di tempo significativa durante un periodo di un mese (o meno se trattati efficacemente). Almeno uno, dei primi tre sintomi deve essere presente:
    • Deliri
    • Allucinazioni
    • eloquio disorganizzato ( per es. , frequente deragliamento o incoerenza)
    • Comportamento grossolanamente disorganizzato o comportamento catatonico
    • Sintomi negativi: appiattimento affettivo (mancanza o diminuzione della risposta emotiva), alogia (mancanza o diminuzione della parola), o abulia (mancanza o diminuzione della motivazione).

 

  1. Per una significativa parte di tempo dall’esordio del disturbo, il livello del funzionamento in una o più delle aree principali, come il lavoro, le relazioni interpersonali, o la cura di sé, è marcatamente al di sotto del livello raggiunto prima dell’esordio (oppure quando l’esordio è nell’infanzia o nell’adolescenza, si manifesta l’incapacità di raggiungere il livello atteso di funzionamento interpersonale, scolastico o lavorativo).
  2. Segni continuativi del disturbo persistono per almeno 6 mesi. Questo periodo di 6 mesi deve comprendere almeno 1 mese di sintomi (o meno se trattati efficacemente) che soddisfano il Criterio A (cioè fase attiva dei sintomi), e può comprendere periodi di sintomi prodromici o residui. Durante questi periodi prodromici o residui, i segni del disturbo possono essere evidenziati soltanto da sintomi negativi oppure da due o più sintomi elencati nel Criterio A presenti in forma attenuata (per es., convinzioni stravaganti, esperienze percettive inusuali).
  3. Il disturbo schizoaffettivo e il disturbo depressivo o il disturbo bipolare con caratteristiche psicotiche sono stati esclusi perché 1) non si sono verificati episodi depressivi maggiori o maniacali in concomitanza con la fase attiva dei sintomi, oppure 2) se si sono verificati episodi di alterazione dell’umore durante la fase attiva dei sintomi, essi si sono manifestati per una parte minoritaria della durata totale dei periodi attivi e residui della malattia.
  4. Il disturbo non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (per es., una sostanza di abuso, un farmaco) o a un’altra condizione medica.
  5. Se c’è una storia di disturbo dello spettro dell’autismo o di disturbo della comunicazione a esordio infantile, la diagnosi aggiuntiva di schizofrenia viene posta soltanto se sono presenti per almeno 1 mese (o meno se trattati efficacemente) allucinazioni o deliri preminenti, in aggiunta agli altri sintomi richiesti della schizofrenia.

La maggior parte degli individui schizofrenici nei loro racconti riportano una fase, in cui rilevano problemi nel pensare, sentire e nel comportamento, in questa fase detta prodromica, i sintomi e le menomazioni funzionali sono meno radicate, rispetto ad una fase più avanzata. Il concetto di prodromo dal greco “Prodromos” o “precursore”, etimologicamente “che corre in avanti”, potrebbe essere considerato sia come uno stato o anche come un processo che conduce alla patologia.

Anche se è presente una grande variabilità tra gli individui rispetto ai prodromi manifestati, sono stati osservati alcuni segni e sintomi che ricorrono più frequentemente di altri, questi sono stati descritti da Yung et al. (2009) e da Edwards e McGorry (2002) e sono:

  • Modificazioni emotive: sospettosità, umore depresso, ansia, cambiamenti del tono dell’umore, sensazione di tensione, irritabilità e rabbia;
  • Modificazione nella percezione di sé, degli altri e del mondo in senso lato;
  • Modificazioni cognitive: idee bizzarre, vaghezza, difficoltà di concentrazione o di rievocazione e riduzione dell’attenzione;
  • Modificazioni fisiche: percettive: disturbi del sonno, cambiamenti dell’appetito, disturbi somatici, perdita di energia e di motivazione e alterazioni percettive;
  • Ritiro sociale e deterioramento dei ruoli sociali.

La prevenzione della schizofrenia può essere divisa in primaria, secondaria e terziaria. La prevenzione primaria cerca di ridurre l’incidenza di nuovi casi nella popolazione e prevede pertanto interventi nella fase premorbosa. Esempi di intervento in questa fase sono il miglioramento dell’assistenza prenatale, riduzione di rischi ambientali (Mednick and Schulsinger, 1968) e la riduzione dell’età paterna (Malaspina et al., 2002). La prevenzione secondaria mira a ridurre la prevalenza del disturbo. Nel caso della schizofrenia, la prevalenza potrebbe essere ridotta grazie a sforzi per ritardare la comparsa dei segni e sintomi precoci della malattia. Infine, la prevenzione terziaria ha lo scopo di ridurre la morbilità, la progressione naturale e la mortalità. La prevenzione terziaria inizia nel trattamento della schizofrenia non appena possibile dopo l’esordio e mira a ridurre la durata del periodo di psicosi non trattata e quindi ridurre al minimo i danni che può provocare sulla vita sociale, lavorativa, sul funzionamento e sulla famiglia del paziente.